Toh, un presepe! Il colpo d’occhio su Ripalimosani, passando, magari di notte, sul ponte dell’Ingotte, quello che dalla Bifernina sale (e non smette mai di salire) verso Campobasso, è pazzesco: immaginate case in pietra, perlopiù diroccate, che sembrano letteralmente arrampicarsi su un ripidissimo costone di tufo. E dico immaginate perché mai riuscirò a fare una foto decente a ‘sta cosa… ma tanto c’è Google.
Secondo la tradizione, intorno all’anno Mille un terremoto (e cosa se no?!) distrusse Tiferno, antichissimo villaggio sannitico. Gli abitanti superstiti vennero accolti nella vicina Limosano. Così, quando ricostruirono la cittadina, con nome di Ripa, decisero sostanzialmente di dedicarla a quel paese a cui erano tanto riconoscenti. Dell’XI sec. è infatti il castello, all’interno ancora bellissimo. Di fondazione normanna, passato nelle mani dei Gambatesa di Campobasso e dei de Capua di Termoli, poi ristrutturato dai Mastrogiudice nel Cinquecento e passato nello stesso secolo ai Riccardo che gli danno il nome e il titolo di palazzo marchesale. E a cui è legata l’attrazione fondamentale del posto.
Qualche Savoia assoldò un artista per riprodurre la Sacra Sindone di Torino. Il poveretto fu costretto a lavorare in ginocchio, per rispetto, ma la copia uscì perfetta e il savoiardo poté donarla a Filippo II; da questi, con una serie di peripezie, arrivò ai Riccardo, signori di Ripalimosani. La chiesa dell’Assunta, dirimpettaia del castello, ospita la fake sindone (comunque veneratissima) ma era chiusa – ovvio! –, per restauri, non per accidia del prete. Ma a proposito di peccati capitali…
Se la facciata è cinquecentesca, gli interni settecenteschi, l’altissimo campanile quattrocentesco, di sicuro l’impianto originario della chiesa è duecentesco. Ne sono prova le sculture riutilizzate come pietre di incastro o decorative. Su tutti, un rarissimo (nella iconografia gotica) scimmione, simbolo della lussuria (peccato capitale, appunto: sta lì a guardare, quasi a spernacchiare, Adamo ed Eva, come a dire: “Zozzoni!”).
Dalla chiesa in giù, lungo il ripido tufo, si estende il paese vecchio, abitato ormai quasi esclusivamente da gatti. Paese vecchio ma anche paese povero. I gentiluomini avevano case attorno alla chiesa e al castello, per tutti gli altri il raffinatissimo sistema urbanistico ripese prevedeva assi a separare zone di “competenza”: nella prima gli artigiani, nella seconda i contadini. Curiosità: fino al secolo scorso, c’era una vivace economia legata alla produzione di funi.
Abitanti, 3100: troppi per il paese in sé, ma siamo a 5 km da Campobasso e moltissimi campobassani prendono casa (villa) qui, contro il logorio della vita etc. Patrono, San Michele; ma la festa più sentita è senza dubbio il Palio delle Quercigliole, una corsa di cavalli in cui si sfidano sei contrade e che si tiene forse da metà Settecento in onore e presso la chiesa rurale di Santa Maria ad Nives, il 12 agosto. Casa.
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